Il radar di Fashionista Smile, ha scovato un intervista al regista di Disco Boy, Giacomo Abbruzzese, ed è l’unico film italiano in concorso al 73° Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Dopo l’anteprima mondiale alla Berlinale73, il film con Franz Rogowski, Morr Ndiaye, Laëtitia Ky, Matteo Olivetti e con le musiche di Vitalic, il film arriverà al cinema il 9 marzo distribuito da Lucky Red
Il film, co-prodotto dall’italiana Dugong Films, è interpretato da Franz Rogowski (Undine, Freaks Out), dall’esordiente Morr Ndiaye, dall’artista attivista Laëtitia Ky e da Matteo Olivetti (La terra dell’abbastanza). La colonna sonora è firmata dalla stella della musica elettronica Vitalic.
La gestazione di Disco Boy, il suo primo lungometraggio,è stata moltolunga.Qual eral’obiettivo iniziale del progetto? Il film è cambiato molto dalla fase di scrittura?
Era da tempo che volevo realizzare un film di guerra atipico, un film in cui l’Altro esistesseveramente, in modo completo, e non fosse semplicemente unnemico o una vittima.Essendounprogetto molto ambizioso e dispendiosoper un primolungometraggio, ci sono voluti dieci annitra ricerche, scrittura, finanziamenti, realizzazione. Il film peròè rimasto molto vicino a comel’avevo immaginato all’inizio:la storia di un bielorusso che attraversa l’Europa, arriva aParigi e siarruola nella Legione Straniera, e poila storia del suo antagonista,che si batte per difendere ilsuo villaggio in Nigeria dallo sfruttamento petrolifero. Nel profondo è la storia di unametamorfosi, di una comunione con l'altro,che apre alla fine verso un’utopia.L’idea originale viene dauna conversazione che ebbi con un ballerino in una discoteca: mi dissecheprima era stato un soldato. La cosa micolpì molto ancheper via deipunti di contattoinattesi tra queste due realtà: la grande disciplina, una sorta di piacere per lo sforzo estremo, ilbisogno di arrivare a fine giornata completamente esausti. Aleksei, il protagonista, nasce daquesta idea: un soldato che diventa ballerino,compiendo quello che era il sogno del suonemico.
Perché lo scontro nel fiume in Nigeria è girato con la telecamera termica?
Volevo che la partedi film che si svolge nella giungla virasse progressivamente verso qualcosa dipsichedelico, di sciamanico. Avevo una giustificazione diegetica per usare la camera termica,perché a volte la si utilizza in ambito militare per leoperazioni notturne. Volevo evitare direstare in un’ambientazione concreta, con le immagini di un soldato con il suo equipaggiamentomilitare in spalla che affronta in acqua un rivoluzionario a torso nudo... Ho sempre saputo chenon avrei mai girato quella scena così. Non èRambo!La camera termica era già indicata nelcopione, fin dall’inizio.E' un altro prisma, un'altra elaborazione deicolori, che ci fa entrare inuna dimensionein cui questo scontro mortale, corpo a corpo, ricorda una danza.I colori della camera termica tornano poi nelladiscoteca. E almomento dell’ultimo ballo, subitoprima dei titoli di coda, si vede una sorta di presenza finale ripresa con la camera termica. È unmodo per suggerire che, quando Aleksei e Udoka ballano, il fantasma di Jomo è con loro.
In quale momento ha pensato a Franz Rogowski, attore decisamente di grande impatto, per ilpersonaggio di Aleksei?
È un attore che in Francia è noto per i suoi lavori con Christian Petzold, soprattuttoLa donnadello scrittoreeUndine–Un amore per sempre, e con Michael Haneke (HappyEnd),in Italia piùperFreaks Out di Mainetti.MaFranz mi aveva colpito già in precedenza, in un film tedesco diSebastian Schipper,Victoria, in cui aveva un ruolo secondario. Era un’esplosione di violenza e dienergia,ma al tempo stesso riusciva a non scivolare nel cliché, ad avere una grande profondità.Mi aveva davveroimpressionato.In lui ho visto subito il personaggio del mio film. E poi recitacon tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Viene dal mondo del circo, è un ballerino. Nella suarecitazione si percepiscono il suo percorso e il suo vissuto.
E per il ruolo di Jomo?
La storia del mio incontro con Morr Ndiaye, che interpreta Jomo, è completamente diversa, datoche il suo percorso è stato estremo e traumatico. È arrivato in Europa quand’eraancoraminorenne: è emigrato su un barcone, passando per la Libia, dov’è stato chiuso in un centro didetenzione. Il centro era controllato danigeriani, motivo per cui inizialmente nel film non volevainterpretare il ruolo di un personaggio della stessanazionalità dei suoi aguzzini. Gli ho parlato alungo del progetto per convincerlo. L’avevo notato in un documentario dei miei produttoriitaliani a proposito dei rifugiati in un centro d’accoglienza in Sicilia, ai quali erano stati dati deicellulari perché filmassero la loro vita. Fin da subito si vedeva che lui era diverso dagli altri, perla sua presenza scenica e per quello che diceva. Lo chiamavo “il poeta”. All’inizio pensavo diassegnargli un ruolo minore, ma visto che emanava una vera forza e un gran carisma, ma anchefragilità e cicatrici, ho pensato a lui per Jomo.Ho dovuto difendere questa scelta, ma si èimpegnato molto, rivelandosiun ottimo attore. E' diventato un professionista con il mio set e nesono fiero.
Aleksei, bielorusso in fuga dal suo passato, raggiunge Parigi e si arruola nella Legione Straniera per ottenere il passaporto francese. Nel delta del Niger, Jomo, giovane rivoluzionario, si batte contro le compagnie petrolifere che hanno devastato il suo villaggio. La sorella Udoka sogna di fuggire, consapevole che ormai tutto è perduto. I loro destini si intrecceranno, al di là dei confini, della vita e della morte.
Disco Boy è una coproduzione Francia/Italia/Belgio/Polonia, ed è 'unico film italiano in concorso alla Berlinale73, opera prima di Giacomo Abbruzzese, dal 9 marzo al cinema distribuito da Lucky Red